L' Artista GIUSEPPA D'AGOSTINO


L’Artista
Giuseppa D’Agostino


Fotografia di Giuseppe Fell

BIOGRAFIA


Giuseppa D'Agostino nasce a Palermo nel 1958. Sposata, due figlie, vive ed opera a Monreale. Ancora bambina, dimostra una spiccata tendenza per diverse forme artistiche, favorita da un ambiente familiare particolarmente creativo e dagli insegnamenti ed incoraggiamenti paterni. Frequenta l'Istituto d'Arte per il Mosaico di Monreale, dove si diploma "maestro d'arte". Ma il più profondo interesse e la dimistichezza con gli "strumenti" della pittura la spingono naturalmente verso questa disciplina, di cui è sostanzialmente autodidatta. La scoperta della spatola e della bellezza materica del colore fanno esplodere in lei ancora ventenne, l'urgenza di esprimere, attraverso la produzione pittorica, l'incontenibile carica d'emozioni, passioni, sentimenti di cui la sua anima trabocca.
L'irrequieta vitalità e la gioia di vivere della D'Agostino si scontrano via via con la drammaticità degli episodi che costellano nel dolore e nella sofferenza i momenti della sua vita operativa e del suo ambiente di lavoro. Da qui un trasporto ed un'attenzione verso le problematiche esistenziali, che fanno della vita, della morte e di tutti i perchè del quotidiano il perno dell'agire e del vivere dell'uomo. Una prolifica produzione (olii su tela, su faisite e carta) evidenzia - in circa vent'anni di attività - queste tematiche, inframmezzate  da squarci di serenità in cui la luce prende il sopravvento nel suo linguaggio cromatico e formale prevalentemente duro, amaro ed a tratti "oscuro": paesaggi urbani spettrali, misteriosi "figure" vaganti o immerse in "gironi" dalle atmosfere rabbrividenti, fiori materici, maternità drammatiche ed improvvise esplosioni di colori e di luce in fiori giganteschi di anelati paradisi...  
Il "diario" spirituale della D'Agostino - una vera e propria autoanalisi psichica - trova il punto di contatto supremo nel rapporto estetico col fruitore, che fa propri i dilemmi esistenziali della pittrice, di per sè universali, comunque.
Ed è la compartecipazione ed il coinvolgimento dei visitatori delle sue mostre che determina ancor più il successo del lavoro dell'artista palermitana, a giudicare dalle numerosissime frasi che cittadini di varia estrazione e nazionalità lasciano volentieri sui registri di sala: " Le nouveau monde est en Sicile, probablement: un grand merci", oppure; "Una pittura sofferta, che colpisce profondamente il cuore e la mente"...
Pina D'Agostino raggiunge così, soprattutto in questi ultimi tre anni, un altissimo risultato espressivo, attenzionato ed apprezzato dunque dal pubblico e dalla critica, e suggellato dal conseguimento dei primi premi, dalle inequivocabili ed eloquenti motivazioni, quale quella, ad es., del premio Liolà del luglio 2001: "Capace di donare un senso aurorale a uno dei topoi più usati, ed abusati, della pittura d'ogni tempo: la natura morta".
...Vasta e variegata, quanto possono custodire, e tanto contenere ancora, le profonde e capienti "cantine dell'anima" di questa sensibile  e "sensitiva" artista.


Dal catalogo  
SUSSURRI E GRIDA
Opere 1999-2001
(Città di Caltanissetta)


 " LA VIOLENZA COSTRUTTIVA DEL TERRORE"
di Pino Schifano

"Verrà per tutti la luce...ma io sarò sola nella mia notte?"
La sconcertante analogia - più rimarchevole in quanto inconsapevolmente ed involontaria - tra la problematica (pittorica, musicale, teatrale) espressionista e questa sorta di via crucis laica ch'è la confessione per quadri di Giuseppa D'Agostino, acquista, di tappa in tappa, maggiore spessore e più rilevante valore artistico.
Nè valgono a smorzare la forza drammaturgica delle sue "visioni" il più frequente incidere verso le aurorali (o vespertine?) luminescenze dei suoi più recenti paesaggi o l'esplosione cromatica dei suoi fiori, restituiti ad una prorompente vitalità, mal frenata dai centrimetrati limiti della tela o della carta.
Resta il dramma, dunque, nella narratio d'una sempre latente crisi esistenziale della D'Agostino - che pur tutti ci attanaglia, nel comune denominatore dell'insicurezza - per cui la spettrale sequela dei suoi incubi pittorici, le zone d'ombra della sua anima (lacerata dal presagio del possibile ancor più che dall'angoscia dell'imprevedibile), paradigma della sua coscienza individuale, si fanno specchio d'una inconscia Angst collettiva, mentre i suoi sentimenti, le paure, le speranze trovano nei cupi colori della notte il senso della verità, che tristianamente vacilla nell'ambiguità ingannevole del giorno.
E' un percorso ad ostacoli, quello che la sensibile artista palermitana compie attraverso la sua ricerca espressiva, in cui gl'impulsi interiori, le scelte cromatiche e l'ansia di Luce s'incanalano in soluzioni formali tutte e singolarmente coinvolgenti; in cui armonia visibile ed armonia invisibile combaciano, in forte connotazione identificativa.
Un "dramma a stazioni", si direbbe con Strindberg, la produzione pittorica di Pina D'Agostino: sovente dai concetti oscuri e terribili, talora dai temi gioiosi e malinconici, tanti, comunque, e diversi, quanti i suoi altalenanti stati d'animo. E come nella struttura drammaturgica strindberghiana, un percorso che parte dall'Io, che si sviluppa nella ricerca del "Cammino", verso città e paesaggi finalmente fuor dalle brume, dove il nascere di una nuova creatura o lo sbocciare di un fiore siano segni solari veri di rassicuranti orizzonti di vita.


EVOCAZIONE E LIRISMO
di Aldo Gerbino


I percorsi di Giuseppa D'Agostino, come avemmo a rilevare per altre espressioni dell'arte figurativa siciliana, conferiscono una loro peculiarità all'esistenza visiva, al cordolo ampio e sinuoso della natura, appena costruito sul nodo solingo della percezione. 
A questa funzione dello spirito, essa assolve fin dagli inizi del suo controverso  percorso, imprimendo sempre più il collante della coerenza alla ascesi e al ritorno nel tempo privilegiato della mediterraneità. Una condizione vissuta dall'Autrice come categoria interiore, assunta quale necessità di esplorare se stessa nel mondo e ricrearlo attraverso il piano d'intersecazione tra realtà e fantasia.
Le sue percorrenze figurative, mosse su quel diorama di città e nature morte, figure femminili, materne e sensuali, e icone floreali, mostrano una sorta di esasperata angoscia, restituita ad una disforica passionalità. Una tensiva dimensione nella quale emblema e realtà si raccordano, si amalgamano e si depositano sul piano della ricognizione e della analisi. L'essenza di una palpabile umanità che vive e agita il mondo non è certo condizione pronta a limitare quel versante del discorso naturalistico alimentato dalla emotività della D'Agostino; nè tantomeno pone limiti sulla responsabilitàlirica che la pittrice impone al racconto della dissipazione naturalistica, pur con qualche concessione alla retorica. Dimostra, comunque, l'impossibilità di un sogno, mostrando, con semplicità, lo iato tra desiderio, contesto naturale e realtà. Ma i temi cari alla D'Agostino, sempre malinconicamente avvolti da una lieve tensione creativa, la coinvolgono nella embrionaria enunciazione poetica per quel disporre le utopie col marchio della natura, soffuso di contrastanti passionalità mosse tra meditazione e accensione lirica, condotte lungo le tracce floreali, le aurore incipienti, lo scavo del corpo. Una vocazione - questa - adatta a colpire l'oggetto di riflessione nel suo stato interiore, per poi manipolarlo in virtù della sua maggiore densità. Ciò particolarmente viene sostenuto dal lavoro operato sul paesaggio dell'anima, variazioni di luce, asseramenti, alberi, giochi in controluce. Ogni cosa sedimenta il suo spazio visivo in una sorta di lirico e contenuto espressionismo. Nel suo perimentro vi affiorano fuggevoli sensazioni informali tendenti ad un impercettibile chiarismo, il tutto sganciato da quella "angustia"  e da quelle " angosce della pittura moderna" denunciate da Raffaele De Grada (per altri artisti isolani) tanto da evidenziare, anche in questa pittrice, lo scrigno  di una recuperabile "serenità". Il tutto pervaso da un'altra vocazione: parlare con se stessa, riaprire il dialogo con certi interni struggimenti, riappropriarsi del senso della solitudine, dal quale ambito affiorano i più recenti lavori pittorici. Nel tentativo di superare ogni conflitto le cifre della "flora", della umanità femminile, della natura si sforzano di diventare fremiti del pigmento, interrogazioni, in quanto vi è la spontanea consapevolezza che la "forza evocativa", come suggerisce Salvo Ferlito, possa essere capace, da sola, a suffragare qualunque forma d'anima e la sua inestinguibile ansia.

Lachesi, olio su carta, 2001cm 100x70


Speranza negata, olio su carta, 2000 cm100x70

Resti di città, olio su tela, 2000 cm70x50

Corteo, olio su tela, 2001 cm 70x40

Passaggio, olio su carta, 2001 cm 100x70



Dal catalogo "VISIONI" Opere 2000 - 2004
Città di Bagheria



Crepuscolo, olio su carta, 2003 cm 50x70



I NUCLEI OSCURI DELL'ANIMA di Pino Schifano

C'è una domanda, al cospetto del complesso scenario-onirico, visionario, metaforico, poetico - della vasta produzione artistica di Giuseppa D'Agostino, che mi torno a porre ogni volta che m'accade di dire o di scrivere di lei: quanto, di ciò che dipinge, è il prodotto d'un transfert medianico? Quanto è causale e quanto  intenzionale?
La coerente linea evolutiva della sua creatività, nella sostanziale costanza tematica e stilistica, mentre legittima l'interrogativo, ne delegittima al contempo, di fatto, l'urgenza e la necessità. Perchè questa artista, che torna sempre a colpire pubblico e critica - nazionale e d'oltralpe - con la forza dirompente dei suoi raggelanti soggetti, così come li seduce con le fantasmagorie dei suoi fiori o le sfumate atmosfere di rarefatti paesaggi, t'imbriglia in un coacervo di emozioni e di sensazioni dalle molteplici valenze estetiche, ma in primo luogo etiche. Giuseppa D'Agostino, da circa un ventennio e soprattutto da un lustro, realizza insomma quel che Franz Kafka riteneva fosse lo scopo - e l'effetto - del lavoro di un artista (lo pensava per i libri, ma il concetto vale anche per la pittura come per qualsiasi altra forma d'arte): "Un libro deve essere una piccozza, per rompere il mare gelato che è dentro di noi. Se il libro che abbiamo per le mani non ci sveglia, come un colpo di maglio sulla testa, allora non è degno di essere letto". E' l'estetica fondamentale dell'Espressionismo, di cui Pina D'Agostino sarebbe stata certamente rappresentante di spicco, allora, come lo è oggi, incarnandone modernamente - in modo istintivo, originale e personalissimo, e con tutte le più intense pulsioni tardo -romantiche- i postulati, gli stilemi, tutta la forza "rivelatrice" dei suoi messaggi. 
Quelli, però, nel suo caso, che nel conflitto tra reazioni esistenziali e psichiche tentano di risolvere la fenomenologia del negativo per l'affermazione del "coraggio di essere". Tutto nell'opera complessiva della D'Agostino trae forza espressiva, formale e poetica da tale conflittualità, che trova aperto e smisurato campo d'azione nella sua anima in perenne bilico fra luci e tenebre, tra l'ardente e passionale desiderio di vita, il presagio dell'imprevedibile e l'angoscia annientatrice della morte. Ed è qui che l'assunto kafkiano diviene pregno di effetti. Perchè l'Einfuhlung che si determina tra la pittrice ed il pubblico fa sì che il dilemma esistenziale personale, il dialogo con sè stessa che l'artista compie sul lettino psicanalitico della sua tavolozza, la sua coscienza individuale, si fa segno interpretativo dell'inconscio collettivo, di un'angoscia e di un vuoto che è respiro affannoso del tempo in cui viviamo, di quell'ombra minacciosa dei nuovi incubi che macchiano di sangue, di fuoco e di fumo le pagine orrende della Storia che l'umanità sta scrivendo: pagine che hanno per l'appunto i colori chiave delle opere della D'Agostino, i rossi, i neri, i grigi - ma che sanno anche illuminarsi dell'intesa luce della speranza, nelle calde tonalità del giallo e dell'arancio, nelle sfumate velature dei violetti, azzurri, turchese fino alla radiosa rarefazione del bianco. Si diceva di coerenza e di linea evolutiva. Non c'è contraddizione nei termini perchè l'urgenza del messaggio - o, più propriamente, delle premonizioni - si consolida, nella più recente produzione, nella formazione, anche quantitativa, di veri e propri cicli, per cui le problematiche esistenziali della pittrice - i fondamentali "perchè" - si esplicitano in "figurazioni" che aprono un ampio squarcio visionario e metaforico sui temi eterni della vita, della morte, della natura. Quattro opere della D'Agostino, in particolare rappresentano la sua più drammatica "visione" della vita: la Maternità, connotate rispettivamente dai predominanti nero, grigio e rosso. Molto di più di un colpo di piccozza...Soprattutto la seconda, in cui l'artista scava più nel profondo della sofferenza del parto che non nella gioia della nascita di una nuova creatura. La morte suggerisce alla pittrice dolorosi interrogativi. In Lacerazione la luce d'intenso giallo di una emblematica sagoma antopomorfa viene spezzata da oscure linee trasversali  (lance, frecce, spade...?), mentre vari Cammini sono percorsi da Cortei di misteriose, pietose figure (anime, fantasmi, penitenti...?). Das Klagende Lied pittorico. Evocazioni di Parche rimandono a classici simbolismi mentre lancinanti Crocifissioni squarciano orizzonti di luce e di fede. E' tuttavia la realtà del quotidiano che si offre alla rappresentazione, ed i suopi tragici echi (Vanitas, Thanatos) sfociano in Fosse comuni o nella recentissima Sala settoria (2004) che come per la Maternità, sembra scaturire dai più iperattivi lobi cerebrali della D'Agostino: un'esplosione di rosso sangue prorompe da un corpo (adulto, adolescente, uomo, donna...?) disteso sul tavolo operatorio, la cui marmorea linea scompone in due piani  separati la tela, dalla stesura astratto-informale, attraversata nella parte superiore da inquietanti sagome umane (medici, aguzzini, terroristi...?) Siamo oltre la premonizione, stiamo dentro la cronaca... Anche la Natura è raramente madre generosa e suggerisce alla pittrice visioni di allucinati paesaggi urbani, intricate foreste, infiorescenze materiche quando non addirittura conturbanti (I Fiori del male), indipendentemente dai casuali o coincidenti riferimenti letterari... E' tuttavia sovente, ora, affiorano squarci di solarità dilagante; incantati, evanescenti effetti coloristici in Paesaggi fantastici, riverbero di quell'anelito, di quella ricerca d'una felicità perduta, ama ancora possibile, d'un paradiso perduto, ma ancora rintracciabile e tutto, ancora, da vivere...  Ecco: la tecnica di Pina D'Agostino è conseguenza diretta del suo transfert, segue le istintuali evocazioni con al forza e il dinamismo che lei ha sempre impresso nell'applicazione della materia pittorica (sulla tela, sulla carta, su faesite); una tecnica gestuale, ampia, che dà sfogo alla spatola e libera energie cromatiche dense e cupe, come accese e trionfanti di luce. Tra esaltazione ed abbandoni, la sua anima naviga con ondulate Vele verso Paesaggi di mezzo e Terre di confine, con incursioni sempre più frequenti nei misteri dell'Altrove. Oskar Kokoschka riteneva che Eduard Munch fosse stato il primo uomo ad entrare nell' "Inferno moderno" e a ritornare per descriverlo. Con le debite proporzioni, penso che Giuseppa D'Agostino sia la prima donna a tentare di fare altrettanto.


Città, olio su tela 2001 cm70x100

Paesaggio, olio su carta 2000 cm 100x70

Casualmente fiori, olio su carta, 2000 cm 100x70

Les fleurs du mal, olio su carta  2001 cm 100x70

Segreti, olio su tela, 2000 cm 100x70

Echi del bosco, olio su carta 2001 cm 75x55


Maternità 4, olio su carta, 2001 cm 100x70

Maternità 3, olio su tela, 2000 cm 120x100

Lacerazione, olio su tela cm 100x80

Metempsicosi, olio su carta,  2001

Fossa comune 1, olio su carta 2001 cm 100x70

Sala settoria, olio su carta 2001 cm 100x70

Corteo 2, olio su carta 2001 cm100x70

Corteo 3, olio su carta, 2001 cm100x70

Approdo, olio su carta 2001 cm 75x55




Dal Catalogo "FRAMMENTI D'ANIMA" 
Comune di Capo d'Orlando-anno 2005



VIAGGIO SULLE VIE DELL'INFINITO di Pino Schifano


L' "imago della fatal quiete" si popola di nuovi fantasmi, mentre l'alba della vita si carica di più cupi presagi, di laceranti dilemmi. la galleria psichica di Giuseppa D'Agostino espone i frammenti della sua anima, tenebre e bagliori, oscure premonizioni e folgoranti speranze. la stessa titolazione di queste sue più recenti opere sembra obbedire ad una esigenza d'ordine catalogico nel già ridondante archivio della sua coscienza; una sorta di riflessione, partecipata e distaccata a un tempo, su un arco produttivo in cui la spontanea germinazione dei suoi "cicli" pittorici ha via assunto la dimensione del "poema"; e quindi foscolianamente definibile quale alta, lirica meditazione sul mistero del grande "passaggio", sull'eterno processo della vita e della morte, ma con un più pressante bisogno, fra contemplazione ed anelito, di ormeggiare verso lidi in cui lievemente soffia il sospiro della malinconia più che l'onda agitata del pessimismo. Perchè, alla fine, tanta effusione epitimbica (Il giardino della memoria, Memorie, Inhumatio) della più drammatica pittura della D'Agostino non è mai stata, nè tanto più lo è ora, un mero "memento mori". L'espressionistica verità premonitrice di questa ardente e visionaria pittrice ha saputo sì cogliere il senso dolente, se non addirittura tragico, dell'esistenza umana, ma facendosi soprattutto interprete di un'angoscia collettiva, oggi sempre più alimentata dal dramma dell'insicurezza. Un grido d'angoscia sale nel nostro tempo, avvertiva Hermann Bahr agli albori dell'Espressionismo storico. Anche l'arte urla nelle tenebre, chiama al soccorso, invoca lo spirito. Ecco il senso della preveggenza per gli artisti, ecco la loro capacità - che Giuseppa D'Agostino possiede in sommo grado - di analizzare il "possibile assurdo". C'è chi ha immaginato tale facoltà come un vero servizio, che l'artista è capace di offrire all'umanità. Penetrare nei problemi del tempo e documentarli. Ma con l'occhio dell'anima che sa farsi linguaggio artistico. Pina D'Agostino ha accentuato, con le sue vigorose marcature cromatiche (sempre più intense le vibrazioni dei grigi, dei neri, dei rossi) ed un uso discorsivo del polittico (Resurgerunt, Omaggio a un bambino mai nato) pensosi momenti ideativi che assumono di per sè anche una fortissima connotazione e valenza simbolista. E come per tutte le opere simboliste, accade che "l'artista vede meglio di quanto egli stesso non possa pensare" (Medea tra noi"). Pina D'Agostino affronta la tela candida nella nudità della sua anima. Ed è come se la spatola fosse dominio d'una forza sovrumana "altra", che via via imprime "quelle" immagini del terrore (L'ombra, Lacerazione, Sala settoria). Nel mondo, intanto, impera il dominio della paura, l'angoscia dell'imprevedibile. Nell'immenso palcoscenico della nostra vita è in corso - senza intervalli - lo "spettacolo della fine" (Ground Zero). Non nasce per caso, oggi, la popolarità di artisti come Munch, o come Max Beckmann capaci di far intuire e "prevedere", con la loro forza descrittiva, situazioni e sviluppi della società e della storia. C'è il caso che le tele di Giuseppa D'Agostino si portino..."cattive notizie" (Mietitura). Soccorre John Russell: Ma cosa accade se i simboli che l'arte ci offre sono vitali per la comprensione del mondo e non possono essere trovati altrove?
Di fronte a tanta pseudo arte "consolatoria" e ripetitiva, quella di Pina D'Agostino sa farci immergere nella realtà per meditarla e guardare al futuro con la consapevolezza del nostro disagio. Ma nache offrendoci un messaggio di grande fiducia, di irrinunciabile speranza (Il giorno dopo, Il primo giorno). Indicandoci la strada, entrando nel suo luminoso paesaggio "globale" (Paesaggio, V'è un angolo di luce). Al di là della semplificazione simbolica della titolazione, i suoi paesaggi non hanno infatti identificazione alcuna. Sono luce universale. Una inner light (luce interiore) che R. W. Emerson preconizzava quale forza modellatrice delle leggi naturali. Una pittura senza confini concettuali, senza limiti di comprensibilità ed empatia; che guarda ad una natura che sia finalmente promessa di una nuova, sfolgorante primavera (Raccolto di primavera). I "frammenti d'anima" di Pina D'Agostino non riflettono più, allora, quelli di un mondo che va alla deriva. Non più fantasmi di morte o di disgregazione, ma nostalgia di una unità perduta e luce che ne illumina la ricomposizione (Teorie di luce). La storia vissuta come incubo (Cellule di storia), grazia all'arte rivela la verità della condizione umana e ne traccia il cammino salvifico.
Giuseppa D'Agostino vive con tutta se stessa il Menscheidammerung (il crepuscolo dell'umanità) ma ne sa dipingere l'alba in questo suo eloquente e contemplativo viaggio sulle vie della vita. E dell'infinito.

Inhumatio, olio su carta, 2005 cm46x38

L'ombra, olio su masonite, cm95x58, 2005

Mietitura, olio su tela, cm46x38, 2005

Omaggio ad un bambino mai nato, olio su tela, polittico, cm 180x180, 2004

Il muro-ricostruzione, olio su carta, cm 46x38, 2005

Raccolto di primavera, olio su carta, cm 72x52, 2005

Raccolto di primavera II, olio su carta, cm77x58, 2005




GIUSEPPA D'AGOSTINO
Il felice tormento dei sensi
di Maria Antonietta Spadaro

I paesaggi, opere su carta, di Giuseppa D'Agostino ci investono come un respiro d'aria: natura, nuvole, vento, vengono proposti attraverso un'appassionata semplicità e una sicurezza quasi ingenua, ma capace d'imbrigliare la luce con i ritmi a volte convulsi dell'informale. Una gestualità filtrata dall'emozione, certo, che sconfina in dimensioni profonde della coscienza, trovando sintesi acute, a volte lievi a volte sofferte. La "Pittura Pittura" della D'Agostino, dalla tela alla carta non muta registro espressivo, soltanto la perdita della consistente matericità delle tele, nelle carte, lascia liquefarsi l'emozione, di forme evocate, in velature la cui lucidità si carica di vibranti suggestioni. La pittura, intesa come processo liberatorio di pulsioni interiori non reprimibili (ora che l'arte della guerriglia" - quella che rifiutava la pittura stessa, la figurazione, ecc. - costituisce un fenomeno storicizzato), ritorna a farsi prepotentemente vitale, così l'opera riconquista la sua eloquente presenza per aiutarci a comprendere meglio il mondo, la natura, noi stessi, e ci permette di accedere alle regioni sconfinate dell'irrazionale. Della Sicilia, della Monreale in cui vive, dei luoghi diversi visitati nei viaggi, ma mai resi in maniera didascalica, ci parlano le composizioni quasi astratte - se non fosse per la presenza costante dell'orizzonte - della D'Agostino, le cui forme, determinate da segni e stesure cromatiche giocate con maestria, scaturiscono da inquiete memorie, stratificate nel vissuto e mobili come un vetro incandescente, che trova infine la sua forma. Così come il tema della figura, ciclo anch'esso molto trattato dall'artista, ci mostra esseri scarnificati ridotti ad ombre o addirittura a scheletri, anche i suoi paesaggi si esprimono attraverso una marcata essenzialità di motivi: sia che la luce accenda paesaggi naturali o alluda a  luoghi urbanizzati, sempre svelati da una modulata tavolozza, questi hanno talvolta il sapore acre dell'abbandono, ma anche della speranza e della rinascita. E allora il destino, non più ineluttabile, si fa progetto, attraverso l'esaltazione dei sensi, l'ebbrezza del sogno e persino la vertigine della solitudine. Il percorso pittorico scelto da Giuseppa D'Agostino è arduo, tuttavia non le mancano l'umiltà e la grinta necessari per tradurre nel suo lavoro d'artista la propria visione del mondo, in quel difficile equilibrio, che mi piace definire con un ossimoro: felice tormento dei sensi, in cui ci conduce una pittura ricca di umori inquieti e contrastanti.






Giuseppa D'Agostino
"MEDEA TRA NOI"


Medea tra noi  2005 olio su carta cm 46x38


Scheda critica a cura di Maria Antonietta Spadaro


E' inevitabile che il vissuto riaffiori nelle nostre opere, nel nostro impegno: per vie insospettate e nei modi più strani: Nel lavoro di un artista tutte le esperienze, persino quellE apparentemente più lontane dall'arte, finiscono col fare parte di un bagaglio di emozioni private, che nutrono e sostanziano il messaggio estetico. Inevitabilmente l'urgenza di trovare un mezzo espressivo, comunicativo, rivela e porta con sè esigenze profonde di valori da esplicitare.
Giuseppina D'Agostino, che ha scelto il mezzo dell'arte come più consono al proprio essere, conosce, per lavoro, le sofferenze fisiche dell'uomo e ne coglie il tragico, riconducendolo al dramma dei miti classici e ri-attualizzandolo nella dimensione contemporanea che, proprio in questi ultimi tempi  ci pone davanti a fatti tragicamente inquietanti sia nella dimensione del privato che in quella di intere popolazioni straziate da assurdi conflitti.
Il dramma di Medea rinasce nei casi irrisolti di uccisione di piccole creature appena nate, ma anche nella problematica dell'aborto: così la tragedia sublimaat nel mito diventa inquietante tematica d'attualità. Euripide ci ha posto enigmi di enorme portata, le sue vicende continuano ad affascinarsi e angosciarci. Medea dice: <Tutto è deciso. Ucciderò i miei figli, subito, e me ne andrò da questa terra; non voglio abbandonarli in altre mani, ben più nemiche delle mie. E' inevitabile che muoiano, e se così dev'essere, io li ucciderò, io che li ho messi al mondo... ".
E Medea, nipote di Circe, una maga, non ricorre in questo caso a opere di stregoneria ma, soffrendo atrocemente, si riprende la vita che aveva dato ai figli. 
Si rimane atterriti quando solo si pensa alle profondità del nulla. Ecco, le opere della D'Agostino ci conducono a volte a sfiorare certe soglie segrete dello spirito. Noi separiamo e spesso chiudiamo, in modo precauzionale (per sopravvivere), in blindati compartimenti i misteri della vita: l'incompiutezza dell'esistenza, il limite del vuoto, l'angoscia del nulla, l'inconcepibile vastità dell'universo...
E' l'anima prigioniera del tempo fugace dell'esistenza umana? Cosa troviamo al di fuori della vita? Solo sordi lamenti mitigati da sconcertanti menzogne? 
La nostra lotta per sconfiggere la negatività è immane: il male in conflitto precario e perenne con il bene. E allora si scava nelle dissonanze alla ricerca di verità nascoste o crudelmente inesistenti, interrogandosi sul passato e sul futuro, perchè il presente fluttua sempre tra l'origine e la fine di tutto.
L'origine di tutto e l'incognita del nulla, mistero della vita e infinito dolore, sono temi ardui da affrontare, che nelle tele della D'Agostino trovano una forte espressività, nel senso che le angosce esistenziali, la sofferenza, la soglia della vita oltre la quale il mistero, la lotta della razionalità sull'irrazionale, divengono forme che lacerano con coraggio le reticenze. Si ritrovano accordi, echi lontani, formali e tematici, con le opere del periodo più inquietante di Goya, quello della serie dipinta nella Quinta del Sordo (1819-1823), dove, tra mitologia classica e miti popolari, si snoda una narrazione visionaria dai toni cupi e sinistri. In particolare, in Saturno che divora un figlio (Museo del Prado), la disumana violenza distruttiva dell'uomo si esprime nei modi forse più agghiaccianti della storia della pittura.
La tragedia sublime dei miti, come la mititca follia di Medea, rivela l'incognita del nostro non comprendere del tutto la realtà e le cose. L'inquieto disagio delle scelte, anche se obbligate, rende l'esistenza prossima ad un baratro continuo.
Il ciclo dei dipinti su Medea elabora tematiche legate alla maternità, tema del resto trattato autonomamente dalla D'Agostino in altre opere, sempre inquietanti nel rendere il tema della nascita dell'individuo nel mondo, come sofferenza ancestrale. privare l'uomo della sofferenza, dell'ispirazione di colpe ataviche, provocherebbe forse un vuoto ancora più tragico? Il cammino verso la fine è un continuo filtrare le esperienze, avvolgendole con cura nei meandri misteriosi della memoria, poi scoppiano i traumi e si genera il caos. Queste terribili angoscianti vicende danno dell'uomo un'immagine che la D'Agostino riesce a rendere senza mai cadere nel patetico. Entrare nel nucleo delle sofferenze è come rischiare di contaminarsi, per questo si è spesso riluttanti e per questo si apprezza il coraggio di un'artista, che non rifiutadi gettarsi a scavare nel torbido elemento fatto dai dolori dell'umanità. E' un corpo a corpo vissuto con lucida determinazione che raramente si trova in una donna, ma quando ciò avviene nulla può frenare quella furia istintiva di sincera denuncia dei mali del mondo.
L'orrore infinito della guerra, il furore distruttivo dell'uomo, esplodono in alcune tele dove la difficile scelta  di mostrare i drammi collettivi, effetti della crudele ferocia bellica, trovano ancora una volta, con coraggio, esiti compiuti.
Quando l'immagine riesce a divenire vera, assoluta, nell'opera, si è compiuto il miracolo dell'arte.
Le figure-ombra, scarnificate e dolenti, sembrano prefigurare dimensioni inaccessibili eppure vicine. Esse, le figure, non vogliono arrenderi al nulla: la loro fragile essenza, quasi di vetro, si oppone nonostante tutto alla decomposizione delle forma in una eternità senza sostanza. Attraverso il grido sordo di colori sbiaditi o neri e rossi violenti, abissali silenzi ci opprimono e l'uomo trascolora nell'indistinto.
E' scomparso l'individuo, la follia ha preso il sopravvento, ogni cosa  inanimata espriem sconcertante angoscia: scolora la gioia di essere nel mondo. Le figure sono visibili ma inafferrabili, perchè istintive nebulose repulsioni frenano l'istinto di toccarle. 



Alle piccole vittime innocenti...
è un'opera in cui l'orrore ci attanaglia e vorremmo fuggire. 
Le variazioni cromatiche del paesaggio seguono armonie precise che condensano, nel rosso della figura, un grido trattenuto di rabbia. La verità dell'opera è assoluta e ciò la rende compiuta nell'espressione di una realtà,che in questo caso rivela esiti di crimine. Chi ha avuto l'ardire di trasmettere con l'arte il tragico, spesso ha rischiato di non trovare le giuste note per esprimere l'urlo più acuto e straziante: la D'Agostino è riuscita a  trovarle. Emozioni forti, rivissute spesso nel sogno, rielaborate cioè dall'inconscio e tradotte infine nell'opera, sono davanti a noi. 
Ecco, riprodurre attravero un'immagine lo strazio prodotto da un atto violento: non si tratta di una foto-documento della polizia criminale. Si tratta di concepire trame sottili in cui si cattura l'angoscia, l'infinita pena per un delitto avvenuto.
L'intrigo narrativo, superando lo sguardo abituale, come un'ombra, offre una diversa percezione della realtà.
Non troviamo dei simboli, il discorso è diretto: l'immagine è lì, senza altra ambiguità, che se stessa e il suo senso profondo. Il transito terreno di noi uomini è un respiro: molte opere della D'Agostino hanno titoli quali: Ombre ovvero Segreti o Vanitas o Memorie, Respiro: dieci secondi, in cui le figure rappresentate hanno ben poco di normalmente umano. E ancora, più esplicitamente Cellule di storia, Caino, Il giardino della memoria, Pezzi di guerra, Striscia di Gaza 1 e 2, Lacerazioni, Thanatos in Thalassa, sono opere che scavano nel cuore  delle violenze perpetrate dall'uomo.
Un'oscura luce rivela corpi, ormai scheletrici, la cui sostanza immateriale è l'estremo dell'essere, sublimazione e rinunzia, demoniaca ambiguità del non essere.
le lievi sostanze dello spazio coagulare nei paesaggi, privi dell'essenza del tragico dlle opere di cui si è detto, nella modulazione di grigi, azzurri, ecc. trasfigurano le forme in inquiete armonie.Rima la nebbia, quella che ci impedisce di comprendere le essenze più nascoste della natura, ma nel contempo ci traduce tutto il fascino dell'ignoto e del mistero delle forme. La natura è lo spazio su cui il tempo deposita le azioni dell'uomo, ma anche le metamorfosi  provocate dai suoi stessi incontrollabili processi.
Vogliamo lasciarci stupire dai fenomeni della natura, con quella romantica ingenuità che ci sorprende ogni volta davanti a certi scenari che essa ci offre? Senza ricorrere a banali effetti luministici, così la D'Agostino ci conduce verso esiti formali e cromatici che suggestionano e rimandano a luoghi remoti e sconosciuti, ma pur sempre possibili. 

Il dissidio è in noi? Le armonie sono effimere come le gioie.  
Segreti  2003 olio su tela cm 80x70

Maternità in rosso  2007 olio su tela cm 150x50

Medea 2006 olio su tela cm 150x50

Medea tra noi 2006 olio su tela cm 150x50

La dimora di Medea 2007 olio su tela cm 150x50

Arcane voci 2007 olio su tela cm 150x50

Il cuore e il volto di Medea 2007 olio su tela cm 150x50

Le voci di Medea 2006 olio su tela cm 120x80 

Premonizioni 2007 olio su tela cm 120x100

L'ombra di Medea 2007 olio su tela cm120x100

Il furore di Medea 2007 olio su tela cm 120x100 

Respiro: dieci secondi  (da un'opera di S. BecKett) trittico, 2005  olio su tela cm 120x210

Striscia di Gaza 2007 olio su tela cm 100x80

Striscia di Gaza 2 - 2007 olio su tela cm 80x80

Lacerazioni  2006 olio su tela cm 100x60

Caino  2005 olio su tela cm 120x100

... Alle piccole vittime innocenti... (particolare) 2007 polimaterico cm 100x80


"Vivere vorrei d'altre cose 
il cuore colmo di piombo
 ha reso pesante il fardello
 l'anima tace 
riprende il viaggio a ritroso
 nasconde il sospiro
 silenziosa aspetta
 che giunga il confine."

Giuseppa D'Agostino

R.M.