La "PACE" nell'arte



LA "PACE" NELL'ARTE


Esposizione artistica
di Sezioni dedicate al paesaggio, alla figura, alla scultura, informale
presso ex Monastero dei Benedettini
sabato 29 giugno 2013
ore 17,00

Il COMUNE di Monreale, l'Associazione G.O.M.P.A. e l'Associazione Socio Culturale EA EDITORE, presentano il Progetto "PACE NEL MONDO".
La Manifestazione artistica comprende varie sezioni dedicate al paesaggio, alla figura, alla scultura, all'acquarello e l'informale. 
L'esposizione è ospitata nei locali del'ex Monastero dei Benedettini.
La premiazione si svolgerà presso l'Aula Consilare del Comune di Monreale.



Inaugurazione Sabato 27 Giugno 2013
CERIMONIA DI PREMIAZIONE PER TUTTI GLI ARTISTI PARTECIPANTI






Conca d'oro: articolo di N. Sabella





CONCA d'ORO
NECESSARIA L'ISTITUZIONE DI UNA CONSULTA DEI SINDACI PER SALVARE DALL'ESTINZIONE IL PATRIMONIO "VERDE" DEL PALERMITANO

[dal settimanale dell'ANCI Sicilia <COMUNICAZIONE> anno 7 n.14 del 7 aprile 2006 ed. SI.S.COM.S.r.l]



Anno dopo anno scompare il patrimonio verde, la varietà dei giardini e degli orti della Conca d’Oro. Cresce la domanda di spazio, cambia il contesto, si trasforma l’ambiente e con esso la storia antropologica di un sito meraviglioso, unico, di un ambito territoriale dove colori, sensazioni, suoni, profumi e stati d’animo, memorie ed emozioni si mescolano fra terra cielo e mare. 
Le superfici coltivate residue restano frammentarie e disgregate in un'area metropolitana che ha tanto bisogno di aree verdi. Un mosaico ambientale d'impianti colturali, sopravvive ai margini ed oltre la Città, "aree verdi" tra migliaia di insediamenti abitativi e produttivi disseminati in tutta la piana. E' a rischio la memoria dei giardini, il fiume Oreto, l'intero ecosistema della Conca d'Oro.
Si è spezzata l'unità spaziale, identificazione di un paesaggio riconoscibile, di un territorio circoscritto che ha rappresentato l'immagine secolare della Città di Palermo al di fuori della Sicilia oltre oceano, di un'icona "estetica" produttiva che appartiene ad un tempo ormai trascorso.
Svanisce giorno dopo giorno un immenso polmone sempreverde che muta e genera aree improduttive e degradate, contesti di aree preurbane, urbane e semiurbane, nella continua alterazione delle condizioni spazio-temporali. Le abnormi trasformazioni delle aree verdi e la loro riduzione di superficie ha originato un lento e costante mutamento territoriale da un paesaggio prettamente agricolo, ad un ambito di paesaggio degradato, dove l'incremento urbano, ha generato l'attuale scenario ambientale. I terreni in alcune zone restano privi di alberi e si popolano di macchie, il suolo si inaridisce, i giardini si irrigano sempre meno, le acque di falda si inquinano, cambia la qualità dell'aria, la fauna, il microclima ed il clima ambientale. Si dissolvono le risorse identitarie. Se non si interverrà per mezzo di adeguate strategie di sostegno, con programmi operativi di riqualificazione, tutela e salvaguardia del verde, delle aree agricole e degli insediamenti storici, assisteremo inesorabilmente alla scomparsa di un ricco e variegato patrimonio che vede il territorio non più come una risorsa. Giardini impiantati faticosamente e mirabilmente con piante tipiche e di qualità in un periodo storico con fini economici di produzione e commercializzazione nella Piana di Palermo fra i territori dei comuni di Palermo, Monreale, Bagheria, Ficarazzi, Villabate, Altofonte, hanno subito a partire dalla metà del 1960 un graduale abbandono delle coltivazioni. 
Fra le diverse cause degenerative interne al sistema agricolo si devono considerare:
-Una migliore organizzazione del sistema produttivo agrumicolo sul fronte orientale dell'Isola, gli attacchi parassitari infestanti ai limoneti e agli aranceti, in particolare il cosidetto "male nero", un sistema d'impianti ed agricolo sempre più obsoleto e poco competitivo, lo sfruttamento della terra, l'uso dei sali chimici e degli anticrittogamici. Non per ultimo va ricordato il secolare controllo delle acque d'irragazione "la mafia dell'acqua".
La realtà odierna vede la parcellizzazione delle aree, un uso sproporzionato al contesto, un microcosmo distinto che si assoggetta ad una indifferenza territoriale.
Una parte della realtà "agricola" in zone di medio ed alto pregio resta una felice isola verde; un esempio sono gli agrumi e i nespoleti delle borgate del palermitano, sottoposte anch'esse ad un presidio mafioso di zona. In alcuni ambiti locali persiste l'attaccamento alla terra, nella consapevolezza di esservi nati e con la tenacia di continuare a vivere ed operare sui luoghi di appartenenza con volontà e testardaggine, malgrado le colture agro-fruttifere siano sempre meno produttive ed economicamente svantaggiate.
Un amore infinito che forte della tenacia e della fatica resiste, sino al sopraggiungere della stanchezza fisica dei coltivatori superstiti, che vede nel lento invecchiamento dei giardini, sempre meno verdi la morte degli alberi. Ricordi lontani rimangono le ricche fioriture e le proficue raccolte agrumicole di arance, limoni, cedri, mandarini, risorse economiche e di sostentamento delle popolazioni della Conca d'Oro. 
Nelle campagne ogni cosa assumeva una importanza, una ritualità ed un significato; 
- il fiume Oreto e le sorgenti venivano considerate sacre, rispettata e mantenuta la vegetazione indigena delle sponde del fiume, dei canali naturali e dei crinali.
- i pozzi, le cisterne, le pietre miliari di confine, le salibbe, i recinti in pietra e i corsi d'acqua curati e tenuti in efficienza. 
Filari d'alberi si disponevano a barriere per la protezione dal vento degli agrumeti, ai lati di una trazzera, di una strada che conduceva ad una villa o ad un gruppo di case. 
Oggi, più aree della piana, appaiono molto compromesse, pur tuttavia si individuano spazi di vita, nicchie ecologiche di valore biologico.
Rari esemplari d'alberi alani di cipresso e altissime palme, si elevano isolate e fra la vegetazione. Giganti di ulivi ultrasecolari forti ed imponenti, agavi ed altre rare bellezze naturali, alberi di noce e di caccamo resistono tra rovi e macchie, tra alberi secchi privi della corteccia imbiancati dal tempo. Si rinvengono rottami e cumuli di materiali inerti riversati a cielo aperto fra vernici ed oli contaminati, percolanti nel terreno in violazione delle regole di tutela ambientale. Specie di piante esotiche importate, ambiti di sommacchi, fichi d'India e canneti, impianti di viti, a filari e a pergole, essenze ornamentali, fiori e frammenti di bordure verdi in prossimità di vetusti caseggiati o vicini a specchi d'acqua sopravvivono privi di cure colturali.
Questo immenso patrimonio per la varietà e specificità delle diverse colture, per la sua biodiversità, per la sua orografia, compone l'unità di paesaggio  della piana di Palermo e rimane una risorsa sotto il profilo sociale ed economico.
La lettura è possibile attraverso le matrici segniche territoriali quali: la morfologia dei luoghi, la varietà degli impianti arborei, le aggregazioni zonali del verde, il tracciato della terra, i solchi degli argini, delle conche, dei vattali sinuosi o retti dei giardini, i canali irrigui; 
la viabilità: percorsi, tracciati, trazzeri, viottoli, sentieri, strade, ponti; 
i manufatti emergenti: ruderi, vestigia, cappelle, edicole votive, chiese, casolari, bagli, forni da pane, malaseni, mulini, masserie, ville signorili, fornaci, gebbie, canali, abbeveratoi, pozzi, muri di recinzione, torri d'acqua, torri fornaci, fontane. 
Tanto resta riportato dalle cartografie, dalle carte topografiche, dalle riprese aerofotogrammetriche e satellitari, dalle pellicole cinematografiche, dai documentari, dalle foto, dai filmati, dai reportage giornalistici, dalle cartoline. S.O.S. è il grido di speranza, di allarme che viene lanciato per salvare la Conca d'Oro dallo scempio, dall'incuria e dall'abbatimento delle piante: un patrimonio di tutti, una risorsa dell'intera area metropolitana.
Un immenso patrimonio diversificato per zone, per ambiti, fortemente antropizzato, da amministrare con una programmazione attenta degli interventi in termini di trasformazioni superando la negatività, il conflitto territoriale, la confusione del paesaggio.
Il paesaggio della Conca d'Oro "in trasformazione", l'intero sistema territoriale deve essere interpretato ed accompagnato nel cambiamento con processi di riqualificazione ambientale, di risanamento, rivitalizzato nelle diverse azioni del mutare. Tutto ciò rende necessario e non più procrastinabile che Palermo, la città capoluogo e i centri urbani minori, concorrano insieme alla riorganizzazione territoriale complessiva delle aree degradate in un equilibrio fra sviluppo e sostenibilità, stretti in una alleanza strategica attraverso l'istituzione della "Consulta dei Sindaci". Obiettivo strategico di questa "Autorità" metropolitana di governo dovrà essere lo sviluppo flessibile, ecologico nell'ambito di un sistema unico che con progetti determinanti di pianificazione integrata e negoziale, governi e controlli i processi di cambiamento, di mobilità e di trasformazione, in sinergia  con le comunità locali, gli enti pubblici, i soggetti privati e gli attori istituzionali, le associazioni di categoria e sindacali, nell'interesse e con la partecipazione dei cittadini, delle popolazioni che animano, vivono e lavorano nel territorio metropolitano.
Le municipalità coinvolte dovranno:
-perseguire obiettivi comuni per superare l'appartenenza territoriale, coordinandosi nelle azioni di pianificazione urbanistica ed ecologica in una visione che scorge nel futuro i nuovi possibili scenari;
-costruire una prospettiva condivisa di lungo periodo, con linee e azioni di crescita economica, di scambio, incontro, di mobilità, di sviluppo sociale, promozione del territorio, salute, cultura, turismo;
-assumere responsabilità solidali, di programmazione e gestione partecipata e globale, non più rinviabili, formulando politiche territoriali attraverso soluzioni negoziate delle questioni; 
-possedere forte capacità organizzativa e di collaborazione, credere ad un progetto comune, che metta insieme competenze, idee, energie per lo sviluppo delle città e dell'area metropolitana; 
-rispettare modalità e tempi di programmazione, pianificazione degli interventi futuri e di realizzazione degli stessi; 
Il percorso dovrà tendere a:
-consolidare una metodologia progettuale che conduce sul piano paesaggistico -urbanistico e giuridico - economico, ad una strategia comune che affronti il rapporto fra tutela e sostenibilità;
-accrescere attraverso interventi di progettazione integrata, la coesione sociale e l'identità locale;
-salvaguardare in toto l'unità di paesaggio, l'dentità locale, le differenti risorse, tutto ciò che è storico, difendendo le aree verdi a rischio, guidando i processi di trasformazione, accompagnando il cambiamento, verso uno sviluppo sostenibile; 
-sviluppare e realizzare progetti integrati coerenti, osservando e comparando le strategie di pianificazione coon gli obiettivi ed i traguardi raggiunti nelle altre realtà regionali italiane ed europee, consapevoli delle proprie identità e differenze.
Natale Sabella, Architetto 



CONCA D'ORO - Vedute






(foto R.M.)
















Pasquale Vitiello



Pasquale VITIELLO/Giuseppe SCIORTINO

Pasquale VITIELLO


Giuseppe SCIORTINO

Per l'inquadramento culturale generale  a proposito della vita e dell'attività di Sciortino e della Posabella, si ritiene opportuno menzionare anche il rapporto di Sciortino con il pittore Vitiello. 

La realizzazione di questo Post dedicato ai due artisti, avviene grazie ad una visita a Monreale del figlio Giuseppe presso la Galleria Civica "G. Sciortino". L'incontro occasionale ed il materiale documentario, messo a disposizione dai familiari,  offrono la possibilità di divulgarne le informazioni. 
La Galleria Civica di Monreale custodisce l'intera donazione della Sig.ra Eleonora Posabella per omaggiare il compagno Giuseppe Sciortino, dopo la sua scomparsa.


La donazione di opere d'arte del novecento, comprende anche una pittura dell'artista Pasquale Vitiello: 

P. VITIELLO "Paesaggio - olio su tela cm 77 x 60"

IL PITTORE VITIELLO AL TERMINILLO MENTRE DIPINGE PROPRIO IL QUADRO CHE APPARTIENE ALLA COLLEZIONE ESPOSTA AL MUSEO CIVICO SCIORTINO DI MONREALE.  






Profilo biografico
a cura di 
Sabrina Cardone, Chiara Vitiello
e Manuela Vitiello

Pasquale Vitiello nasce a Torre Annunziata il 31 agosto 1912.
A undici anni lascia a metà anno scolastico la Scuola Complementare per dipingere. Si arrampica sul ponte della chiesa di San Francesco di Torre Annunziata ove lavora all'affresco della volta il decoratore Gennaro Palumbo per sottoporgli una Pentecoste riprodotta da un quadro ereditato dal nonno paterno. Il padre gli concede di trasferirsi a Napoli presso una zia per seguire il maestro nei suoi lavori di decorazione spicciola nelle nuove palazzine del Rione Materdei. 
Nel 1926 entra nello studio dello scultore e cesellatore Eugenio Avolio, ma la scultura lo lascia insoddisfatto. Il prepotente bisogno di dipingere, lo porta a lavorare nello studio del pittore Troiano a Parco Margherita n.1.
Si rifiuta però di sottoporsi al tirocinio del disegno geometrico, vorrebbe dipingere subito. Lascia Troiano dopo un mese per riprendere gli studi.
Dal 1926 al 1931, si iscrive e frequenta per quattro anni i Corsi Liberi Serali e per un anno il Corso Libero del Nudo presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli, tenuti rispettivamente dal pittore Angelo Brando, di cui frequenta anche lo studio e che lo inizia alla pittura, e dallo scultore Achille De Luca.
Dopo il servizio militare di leva, Ventimiglia 1932-33, frequenta i corsi regolari dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, Scuola di Decorazione, Cattedra tenuta da Emilio Notte. 
Vince il premio Gumaelius, la Borsa Ministeriale di Studio per l'intero periodo della frequenza, 1934-38. In quegli stessi anni, affascinato anche dal mondo dell'architettura legge e conserva Architettura, la rivista del Sindacato nazionale fascista degli architetti, diretta da M. Piacentini e non esita a mettere su carta schizzi di sue idee e suoi progetti. 
Ai Prelittoriali dell'Arte riceve il terzo premio per la pittura, 1937, ed il primo premio per l'affresco nel 1938.
Espone al Concorso Panerai, Firenze 1934, viene premiato alle quattro Mostre Interprovinciali della Lucania, 1936-39. Espone alla mostra Nazionale dei Sindacati, Napoli 1937, e nel 1940 al Premio Cremona.
Sposa nel 1939 Giuseppina Cuccurullo da cui avrà quattro figli.
Partecipa alla II Guerra Mondiale, 1940-43, e dal 1943 al 1945 è assistente alla Cattedra di decorazione di Emilio Notte. Nel 1945-46 insegna figura disegnata al Liceo Artistico di Napoli. Tiene personali a Castellammare di Stabia e a Torre Annunziata. Partecipa alle collettive dell'Ordine Pittori e Scultori di Napoli, 1944 e 1946 e del Gruppo Liberi Artisti della Campania, 1945.
Coltiva l'affresco, l'olio, l'acquarello, l'incisione. 
Esegue diverse sculture, ritraendo soprattutto i suoi familiari. Fino al 1939 egli era stato alla scuola di Notte e questo fatto, probabilmente, gli consentì di non attardarsi nella pittura del color locale [...]. Ciò che Vitiello aveva, come esperienza storica più sottomano era il paesaggio vesuviano fissato in certi stilemi della "Scuola di Portici" alla quale egli guardò con intelligenza senza tuttavia farsi imprigionare dal linguaggio "porticese". 
Egli tendeva invece ad una pittura che chiameremo strapaesana, nella accezione di Maccari, e anche, sebbene con altro timbro cromatico, di Morandi (P. Ricci, 1977)
Nel 1948 espone alla XXIV Biennale di Venezia, al II Premio Michetti, alla I Annuale nazionale di Cava dei Tirreni; nel 1950 al Premio Suzzurra, alla esposizione internazionale di Arte Sacra al Vaticano; tiene una personale alla Galleria sant'Orsola di Napoli. Espone alla VI Mostra nazionale Maggio di Bari, alla Mostra Angelicum a Milano, alla itinerante Mostra della pace; tiene una personale a Cava de' Tirreni.
Il post-impressionismo napoletaneggiante di alcuni paesaggi vesuviani, che indulgono ai colori curi e si servono di quinte laterali per accentuare una profondità piuttosto scenografica, ha inizio nel 1948 e va sino ai primi mesi del 1952. Questo, e lo ebbe ad annotare incisivamente Carlo Barberi, è appunto l'anno in cui Vitiello, che da tempo andava minando il paesaggismo ottocentesco e chiaroscurale con sempre maggiori cariche di tonalismo, riesce a schiarire la tavolozza e a raggiungere una unità di visione, grazie all'abbandono di ogni particolarismo di natura veristica
(G. Sciortino, 1955). 
Insomma l'aria nella quale Vitiello già si muove è aperta a certe esperienze spregiudicate, e ciò che è più importante è che certe conquiste di linguaggio sono raggiunte dal giovane artista attraverso il naturale evolversi del suo stile (P. Ricci, 1977)
Nel 1953 espone alla II Biennale d'Arte Moderna di San Paolo in Brasile, alla XVII Biennale di Brera a Milano, all'Esposizione nazionale per l'Agricoltura e alla Mostra Nazionale d'Arte nella vita del Mezzogiorno a Roma. Partecipa nel 1955 al Premio Scipione a Macerata, alla Permanente di Belle Arti a Milano. 
Tiene una personale alla Galleria Gussoni a Milano e alla Galleria del Vantaggio a Roma. Si incontra con Carrà, Tosi, Usellini, De Grada ed altri. Con alcuni di questi resta in rapporto epistolario. 
Dal 1955 in poi la pittura del Vitiello si fa più impetuosa. Ora nell'ansia di rendere grandi masse cromatiche con evidenza drammatica, egli adopera la spatola, e quindi trascura particolari e sottolineature del vero che non hanno funzioni espressive necessarie per caratterizzare l'atmosfera di certi aspetti del paesaggio vesuviano (P. Ricci, 1977). I segni sintetici e drammatici dei suoi disegni, i volti verdi e gialli di un'umanità derelitta, le sagome sfaldate delle larve che popolano i suoi incubi, i suoi improbabili nudi azzurri e verdi ridisegnano un universo coerente, ma del tutto personale (M. Picone Petrusa 1983). Il napoletano Pasquale Vitiello ha completamente rinnovato il pittoricismo del suo paese, senza indulgenze sentimentali o pittoresche. E' un artista che batte la strada difficile dello stile individuale senza l'appoggio di correnti e vi si attiene con un senso probo della forma (R. De Grada, 1955)
Sono del 1956 i paesaggi esposti alla XXVIII Esposizione Internazionale d'Arte, questi paesaggi che rivelano alla critica più esigente un artista solitario che raggiungeva certi risultati dell'avanguardia pittorica restando fedele alla sua natura di provinciale, un provinciale che aveva però alle spalle oltre che la pittura compendiaria di Pompei, di Stabia e di Oplonti anche la più recente tradizione di Gigante e Cammarano (P. Ricci, 1977). Sue opere appaiono di tanto in tanto su La Fiera Letteraria. Nel 1956 espone anche alla VII Qudriennale di Roma, e nel 1957 alla XX Biennale di Brera a Milano ed al Premio Marechiaro, la Mostra nazionale Maggio di Bari, al Festival di Pittura Contemporanea ad Orano in Algeria. Tiene una personale alla Galleria Gussoni a Milano. Nel 1959 espone alla VIII Quadriennale di Roma.
Tra il 1959 e il 1962  Vitiello è presente a praticamente tutte le rassegne nazionali di rilievo e sue opere entrano in numerose collezioni pubbliche e private.
Eravamo allora, nella stagione finale, in quel periodo dell'astratto-concreto che non fu una moda, ma l'ultimo recupero, l'estremo esito del naturalismo impressionista che già disarticolava la forma nell'ambientazione atmosferica. Fu allora che ciascuna stagione operativa, anzi ciascun quadro, rappresentò un balzo in avanti, una chiarificazione, un approfondimento nel suo iter ormai precisato (C. Barbieri, 1970). Vitiello con queste opere si avvicinava anche, con naturalezza alle esperienze contemporanee degli informali, dei quali non accettava le convenzioni scolastiche, per preservare al di là della immediata percezione cromatica il senso concreto delle cose reali (P. Ricci, 1977)
Vitiello si inserisce in questo discorso rinnovato con un accento che insiste da un lato sugli spessori della materia cromatica e dall'altro su improvvise accensioni e deformazioni espressionistiche (F. Menna, 1979. Distribuita a spatola, la sua pittura diviene ricca fino a raggiungere intensi effetti materici [...]. E' un'esplosione di colori e di luce che, tuttavia, lascia in ogni caso percepire una traccia, un segno riconoscibile (M. Picone Petrusa, 1983). Forse egli non sarebbe mai stato un pittore astratto e puramente tale, perchè il sentimento della natura e dell'umano, pur assumendo, il pittore, i suoi ineliminabili diritti non si sarebbe sdradicato mai dall'humus dell'esistenza, non avrebbe forse mai potuto escludere ogni intervento di lirismo domestico e di predilezioni paesistiche (C. Barbieri, 1970). Ciò che sorprende è l'intensità e la continuità del pittore nell'affrontare le soluzioni dell'arte sempre all'avanguardia, ma conseguente e fedele alla figuratività del suo mondo ( V. Mariani, 1968).
Nel maggio del 1962 è colpito da infarto. Egli, pur rimanendo a letto, è con la disapprovazione del medico, produce numerosi disegni, acquarelli, tempere. Appena gli è possibile riprende a dipingere ad olio. Il 20 novembre un secondo infarto mette fine alla sua densa attività artistica.
Nel 1962, anno della sua morte, Vitiello raggiunse una maturità stilistica che lo distingue da tutti gli artisti  napoletani della sua generazione. Egli è infatti il solo a non aver seguito pedissequamente le regole della nuova avanguardia ufficiale preservando in questo modo la freschezza  e la spontaneità del suo talento naturale e, ciò che è più importante, inserendosi in qualche modo nelle vicende dell'arte moderna europea conservando intatto lo spirito della tradizione naturalistica mediterranea e campana che va, come dicevamo, dalla pittura compendiaria alla Scuola di Posillipo (P. Ricci, 1977).

1938 - Pasquale Vitiello con la moglie Pina, la sorella Mena e la madre Letizia

1928 - Accademia di Belle Arti di Napoli - 
Pasquale Vitiello, in piedi il secondo da destra e, seduto davanti in prima fila, il prof Angelo Brando




CATALOGO DELLA MOSTRA
ALLA
GALLERIA GUSSONI DI MILANO 
CON LA
PRESENTAZIONE
DI
GIUSEPPE SCIORTINO

Pasquale Vitiello è uno dei pochi pittori che, essendo sempre vissuti in provincia, non si è rassegnato al ruolo di "provinciale"; e ciò non lo dicono (testimonianze estrinseche) soltanto le sue partecipazioni a una cinquantina di mostre nazionali e internazionali - dalla Biennale di Venezia alla Quadriennale di Roma, dalla Mostra di San Paolo del Brasile a quella di Arte Sacra 1951 a Milano, ecc. - o i premi e le segnalazioni che punteggiano il suo curriculum; ma lo documentano un numero piuttosto ragguardevole di opere, una cui scelta viene esposta in questa personale milanese.
Il post-impressionismo napoletaneggiante di alcuni paesaggi vesuviani, indulgono ai colori scuri e si servono di quinte laterali per accentuare una profondità piuttosto scenografica, ha inizio nel 1948 e va sino ai primi mesi del 1952, poichè subito dopo abbiamo un "Ritratto della Madre" che è una variegata musica di verdi e di gialli, onde comporre - su uno sfondo vibrante - una figura severa e dolce, intimamente cara e appariscentemente maestosa, per giungere subito dopo all'ampiezza compositiva della "Stazione di Torre Annunziata". 
Quindi il 1952 - e lo ebbe ad annotare incisivamente Carlo Barbieri - è appunto l'anno in cui Vitiello, che da tempo andava minando il paesaggismo ottocentesco e chiaroscurale con sempre maggiori cariche di tonalismo, riesce a schiarire la tavolozza e a raggiungere una unità di visione, grazie all'abbandono di ogni particolarismo di natura veristica. 
Una buona parte delle opere di questa mostra sono del 1953, anno cruciale nella maturazione del pittore: il suo diverso cercare, e a volte sbandare, cede di fronte all'esigenza di un maggiore e più congruo impegno, di una ricerca decisamente personale da sussumere al piano mobile delle tendenze e delle insidiose preferenze. Vitiello, affermiamo, non è più il ragazzo estroso che si è giovato di questo o di quell'appiglio per manifestare impulso, grazia, passione, sicurezza: superato il fenomeno chiaroscurale, egli sente che ci sono ancora i richiami naturalistici, i quali vanno affrontati e travolti dall'intervento della fantasia trasfiguratrice. Tale repellere da ogni conato riproduttivo porta via via Vitiello a modi espressivi astrattizzanti, dal pennello passa alla spatola. Ora, per es. in "Casa tra gli alberi", l'incanto è determinato dalla musicale rispondenza di un verde-azzurro col giallo che sorge da un prato; nei due "Vasi con fiori" e in "S. Ilario in Val Cocchiara" la modulazione dei toni è già di una schiettezza singolare; e il bianco assoluto diventa un colore vibrante in "S. Sebastiano a Piedimonte d'Alife" (lo stesso dicasi del nero assoluto di Tabarro); "Natura morta con pesci" si giova dei semitoni sottilmente accostati e accordati, senza che il pittore senta il bisogno di un disegno che esplichi il compito d'impalcatura, anzi a volte sostituendo la prospettiva normale con quella aerea. 
Uomini e cose per Vitiello, buon segno, cominciano a diventare occasioni; egli ha già superato lo scoglio dualistico grazie a un empito robustamente creativo: soggetto e oggetto non sono più due unità distinte, ma l'oggetto è la creazione del soggetto che lo postula come altro da sè. Ciò riscontriamo inizialmente in "Casa rossa"e in "Ulivi a Villa Filangieri", cromaticamente di una spigliatezza esemplare; ma la piena attuazione del nuovo orientamento l'abbiamo nel "Fumatore" (diciamolo pure una figura-occasione) e ne l'"Offerta"che rappresenta una donna simbolicamente tenuta in sordina perchè risalti la cromia della frutta offerta in un cestino. Le creazioni, che l'artista immagina come racconti, finiscono con l'attingere la solenne bellezza del canto fermo. Alcuni disegni, sfumati o a tratto pieno, degli acquarelli dai colori organicamente insistiti e i quattordici inchiostri della "Via Crucis" - oltre ad alcune testine in bronzo, deliziosamente modellate secondo una plastica in un certo senso arcaica - completano il quadro del travaglio estetico dal quale sono ovviamente scaturite le opere più significative di Vitiello; e servono anch'essi a dare il dovuto rilievo ai suoi convinti orientamenti artistici. Perciò questo artista, che vive e lavora a Torre Annunziata, in un isolamento purificatore, è da annoverare fra i pochi che - ognuno secondo le proprie forze - ci fanno ancora pensare a Napoli quando si parla di pittura contemporanea: Brancaccio, Ciardo, Cugurra, Giarrizzo, Spinosa, Vitiello. 
Ci auguriamo che i visitatori della mostra sentano di doversi convincere delle qualità genuine dell'esploratore, il quale, - pur vivendo in una plaga magnificamente scenografica, tra il Vesuvio e il Tirreno - riesce ad essere sobrio, incisivo, ogni giorno sempre meglio ampliando e stabilizzando la conquista di un suo linguaggio pittorico.
GIUSEPPE SCIORTINO

Gennaio 1955 - Mostra personale alla Galleria Gussoni, Milano
                              Da sinistra: Gianfilippo Usellini, Arturo Tosi, Pasquale Vitiello


1955 - Mostra Personale di Vitiello alla Galleria del Vantaggio di Roma

1955 - Mostra personale alla Galleria del Vantaggio di Roma
Da sinistra. Giuseppe Sciortino, Valerio Mariani, Pasquale Vitiello


La mostra romana è collocata tra la personale di Guttuso e quella di Ciardo. E, di fatto, le mostre di Milano e di Roma sono positivamente recensite; Valerio Mariani e Raffaele De Grada ne parlano nelle loro rubriche radiofoniche. Il riconoscimento unanime è quello di una pittura svincolata dai tradizionalismi e aperta - osserva Mariani - alle soluzioni dell'arte all'avanguardia. 
(M. Bignardi, Vitiello - dipinti 1928/1962))
  













Il 1956 è un anno drammatico per il pittore a causa di un intervento di resezione gastrica. Ciò nonostante, la sua attività non subisce rallentamenti: nello stesso anno partecipa alla VII Quadriennale d'Arte di Roma e alla XXVIII Esposizione d'Arte Biennale di Venezia. 
In questa occasione Giuseppe Sciortino invia una cartolina a Pasquale Vitiello a proposito dei suoi dipinti esposti alla Biennale di Venezia del '56. 
Sciortino lo informava anche della "invereconda gazzarra" che gli altri pittori napoletani non ammessi alla Biennale avevano inscenato contro di lui ed altri napoletani espositori. 
(M. Bignardi, "Vitiello - dipinti 1928/1962)


1956, Cartolina di Giuseppe Sciortino a Pasquale Vitiello






OPERE


"...Nell'arco di due decenni o, meglio, a partire dalla fine degli anni Trenta e fino al 1962, si svolge, a Torre Annunziata, la defilata avventura artistica di Pasquale Vitiello: defilata e non solitaria, come spesso si legge nei contributi critici dedicati al suo lavoro. La sua è una scelta etica: pur vivendo in pieno le tensioni che animano il dibattito in città, Vitiello preferisce segnare una distanza che è la cifra di un carattere inquieto, poco disponibile a farsi trascinare dalle mode, ma soprattutto non incline agli intellettualismi mondani e agli schieramenti politicizzati. Il suo rapporto con la realtà artistica del capoluogo è segnato da un febbrile andirivieni di slanci e da repentine chiusure. La Napoli che esce dai rifugi antiaerei, dalle gallerie della metropolitana, all'indomani del 1943 gli appare avvolta dalla confusione e dal vuoto: resta però lo scenario della sua esistenza, il misterioso territorio nel quale...continua a fermentare una vita disperata e vera". 
(Massimo Bignardi dal "diario di segni 1928-1962")
...



1928 Autoritratto olio su cartone cm 22x15,2

1937 Mio fratello olio su tavola cm 147 x110

1940 - Raccolta e carico - olio su tela cm 150x150
                                  (ispirato al tema "la battaglia del grano") 

 1941 Dopo il gioco - Olio su tela cm 68,5 x55

 1948 Piccola modella Olio su compensato cm49,5x32,5

 1948 Paesaggio Olio su tela cm 59x47,5

 1948 Strada campestre Olio su tela cm 61,7x48,5

 1950 Scena familiare olio su tela cm100x70

1950 Autoritratto col sombrero Olio su masonite cm 65,5 x52

 1952 Mia madre olio su tela cm 70,3x50,5

1952 Autoritratto Olio su tela cm 65x50

1954 L'Offerta Olio su masonite cm 91x65

1954 La casa rossa Olio su masonite cm 65,5x95

 1954 Nudo (bozzetto) Olio su compensato cm 14,5x10,5

1954 Nudo seduto (bozzetto) Olio su compensato cm 17,8x9,8

 1954 Donna che si specchia (bozzetto) Olio su compensato

 1954 Nudo Olio su compensato cm 48 x60,5

1954 Figura distesa Olio su masonite  cm 40x54

1954 Frutta Olio su masonite cm 29x 37,7

1956 Cane in riposo Olio su masonite cm 61x71,5

Acquarello - La casa bianca
1956 Il rifugio Olio su masonite cm 61,5x72

 1956 Larve Olio su tela cm 130x178

1956 Un angolo del mio studio Olio su cartoncino cm 50,5 x 68,5

1957 Bar sul porto Olio su masonite cm 60,5x50,5

1958 Vaso con fiori Olio su tela cm 60x50

1958 Paesaggio Acquarello su carta 228x305

1959 Fabbrica in periferia Olio su masonite cm 59,5x71

1961 Mattino Olio su masonite cm 51x60

 1961 Il mio studio a villa Vegnente a Leopardi Olio su compensato cm 40,5x50

 1962 Sulla spiaggia Olio su masonite cm 84x102,5

1962 Il gatto Olio su masonite cm40x51

1962 L'uccellaio Olio su tela cm 130x140

1962 Paesaggio Tempera su cartoncino cm 18x25

1962 La città solitaria Tempera su cartoncino cm 22x28




"L'ESPERIENZA DEL DISEGNO"
....

1932 Autoritratto Carboncino su cartoncino 420x320 mm

1938 Mia madre matita su carta 300x175 mm

 1938 Studio di fontana carboncino su carta 209x305 mm

1938 Studio matita su carta 500x342mm

1938 Monumento al marinaio matita su carta 283x500mm

 1938 Figura carboncino su carta 750x495mm

 1938 Figura carboncino su carta 750x497mm

 1938 Natura morta pastello su carta 460x374 mm

1938 Figura carboncino su carta 500x375

 1939 Pietà carboncino su carta 725x500mm 
(studio per incisione su marmo: Torre Annunziata, cimitero, cappella Bonavita)

1940 Figura matita su carta 498x380mm

1940 Mia madre carboncino su carta 328x256mm

 1946 Autoritratto Cartoncino su carta mm347x250

1949 Autoritratto Pastello su carta 479x434 mm

                                           1950 Riposo Pastello su cartoncino mm720x500


 1950 Autoritratto con occhiali  Inchiostro di china su carta mm 274x239

1950 Figura seduta Pastello su cartoncino 615x450 mm

1950 Pegaso Matita su carta 165x205 mm

 1952 In treno (Salerno-Torre) 1952 inchiostro su cartoncino 180x125

1952 Dormiente matita su carta 202x330mm

1954 Autoritratto con uccello Carboncino su carta mm320 x 240

1955 Autoritratto Puntasecca su lastra di zinco 162x108 mm

 "Nella lunga degenza in ospedale Vitiello si dedica con maggiore intensità al disegno: nasce quella che l'artista chiamerà la Serie dell'incubo...Tratti rapidi, incisi nel bianco del foglio, ritmati da una sorte di passione per la vita, di desiderio di vedere, per accertare la propria esistenza.L'incubo è la paura di non poter conoscere (avere coscienza) di quanto lo circonda: il dettato del disegno è di getto, senza ripensamenti...un processo di sintesi ...un processo di astrazione, lasciando campo aperto all'insorgenza di fantasmi, di figure che abitano l'inconscio, che si fanno sempre più pressanti...questo fino a diventare larve...sono quelle strane immagini che passano rapide davanti al suo letto, che perdono la luce della realtà per diventare figure di uno spazio misterioso." 
(dal volume di Massimo Bignardi " Pasquale Vitiello - diario di segni 1928-1962") 

 1956  Serie dell'IncuboPina  matita su cartoncino 237x325 mm

 1956 Serie dell'Incubo: Pina matita su cartoncino 325x237mm

 1956 Serie dell'Incubo: Pina inchiostro di china su carta 325x237mm

 1956 Serie dell'IncuboFigura matita su carta 278x220 mm

 1956 Serie dell'Incubo Larve matita su cartoncino 225x294 mm

 1956 Serie dell'IncuboLarve matita su carta 220x294 mm

 1956 Serie dell'Incubo: Larve matita su cartoncino 220x278mm

 1956 Serie dell'Incubo: Il vento matita su carta 235x307 mm

 1956 Serie dell'Incubo:Ciclisti matita su carta 220x278mm 

 1956 Serie dell'IncuboIl Traguardo matita su carta 220x278mm

1956 Serie dell'Incubo: Autoritratto inchiostro di china su carta 293x225

1957 Dormiente Puntasecca su lastra di zinco 253x335 mm

 1957 Figura Pastello su carta 330x242

1958 L'uomo e l'automobile Inchiostro di china su carta 327x226 mm


1959 Piazzetta in costiera Inchiostro di china su carta 345x495 mm

1961 Sulla spiaggia Inchiostro di china su carta 285x430 mm

1961 Gli Assetati 

1961 Gli Alluvionati Inchiostro di china  su carta 345x230 mm

1961 Figure

1962 da Appunti di Pasquale Vitiello: Natura Morta inchiostro di china su carta 224x153mm

1962 da Blocco Note: Città solitaria Inchiostro di china su carta 153x224 mm

1962 da Blocco Note: Città solitaria Inchiostro su carta 155x190mm

1962 Composizione

 1962 da Appunti di Pasquale Vitiello Ritratto carboncino su carta 224x153 mm

1962 da Blocco Note: Cane Carboncino su carta 155x190mm 

 1962 da Blocco Note: Cane carboncino su carta 155x190 mm

1962 da Blocco Note: Cane Carboncino su carta 155x190mm

 1962 Citta solitaria Pastello su cartone 220x318 mm

1962 Città solitaria ceretto su carta 230x337 mm

1962 La processione ceretto su carta 242x333mm



Pasquale Vitiello 
(1912-1962)   

 Appunti di Poetica


Scene agresti dove chiome di ulivi, case solitarie o umide strade campestri, campi opimi o intimi pergolati, sentono quasi la gioia di una luce rapita al cielo. Sieste familiari, figure in riposo, ambientate nei segni della recente fatica.
Riposo, non mollezza; quiete, non inerzia; riposo come sosta dal lavoro per una ripresa della fatica per nuove conquiste; quasi sintesi della mia ansia (che credo comune a tutti i mortali) di ricerca di un bene migliore. Sintesi di forma-tono-colore puro, sentita in un momento lirico che non ammette tentennamenti o dubbi di tecnica.
Astrazione dalla realta' pur rimanendo nel figurativo.

(brano redatto nel 1955 e pubblicato in “Ottocento Pittori allo Specchio. Il romanzo di una raccolta”, a  cura di D. Villani, Ed. d'Arte Cavour, Milano

                                                                    *************

Combatto la mia lotta davanti al cavalletto con superfici bianche d'appoggio per disegnarvi forme e stendervi colori secondo una mia poetica. Cio' non perche' penso di essere originale o di entrare in polemiche con gli altri che dipingono o scolpiscono, solamente desidero essere libero con i miei pensieri affinche' il mio ragionamento riesca limpido, sereno e spontaneo. [...]
Non credo in me nessun “istintismo”,  poiche' gli studi fatti non me lo permetterebbero. So quello che voglio e spesso sono contento se non tutti riescono a comprendere la mia produzione.

(brano tratto dall'autobiografia, 1960-61, p.16)


                                                                       ***********

Pronto ad ubbidire agli impulsi del mio sentire elaboro la mia nuova pittura, cosicche' quando dipingo non ho problemi da risolvere.
Il mio quadro e' dipinto tutto d'un fiato e la mia tecnica me lo permette. Amo la materia greggia e spessa; non adopero mezzucci per facili effetti.  Sono sincero e schietto nella forma perche' mi piace essere figurativo. Comprendo la pittura astratta e ne elogio gli intendimenti; ma non desidero farla. Voglio spiegarmi in forma piana e pacata.
La scultura come la pittura, mi da' la stessa sensazione. [...] Mi piace lottare con la materia per piegarla al mio volere.

(brano tratto dall'autobiografia, 1960-61, p.58 bis)


                                                                          ************


Trovare nella materia il mezzo per una solida costruzione delle forme in volumi, nell'esaltazione del colore-tono come generatore di luce che non trova ombre perche' colore anch'essa per luce riflessa.

(da “Appunti di Pasquale Vitiello”, 1960)


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I  segni precisi si intrecciano in reticoli capricciosi intricandosi fino a dare l'ombra dei volumi che si vengono a creare con l'incrocio di essi e con l'accorgimento di un gusto deliberatamente descrittivo.
A volte le ombre pigliano il sopravvento e zone intere di colore vi emergono dando all'opera robustezza pur nella sua facile voluta sinteticita'.

(appunti dettati al figlio Giuseppe il 26 Maggio 1962. Vitiello era a letto per l'infarto avuto il 20 Maggio 1962)


1952 da sinistra Franco Urso, Pasquale Vitiello, Nazzareno Cugurra 
nel giardino dello studio di villa Filangieri



"STRADE"

Strade asfaltate, 
lucide, 
nere,
abbaglianti 
sotto un sole ardente
 sempre percorse 
da macchine veloci 
rotto è l'incanto 
del silenzio 
delle vecchie strade 
polverose 
assolate, 
vi ricordo 
e piango 
la corsa del tempo 
verso un avvenire 
per me 
sempre più nero.

Pasquale Vitiello - 11 settembre 1962











Brani citati tratti da:

G. Sciortino, “Pasquale Vitiello”, Catalogo della mostra personale alla      Galleria Gussoni, Milano 1955.

R. De Grada, “Vitiello espone a Milano”, in “Arti Plastiche Figurative”,    Programma nazionale RAI, Roma 18.1.1955.

P. Vitiello, Cenni autobiografici, Catalogo della mostra personale alla Galleria Gussoni, Milano, 1958.

V. Mariani, “Pasquale Vitiello”, Catalogo della mostra retrospettiva alla Galleria Il Semaforo di Firenze, Firenze 1968.

C. Barbieri, “Pasquale Vitiello”, Catalogo della mostra retrospettiva  alla Galleria Il Semaforo, Firenze, 1970.

F. Menna, “Vitiello”, Catalogo della mostra retrospettiva alla galleria Il Diagramma 32, Napoli, 1977.

P.  Ricci, “Vitiello”, Catalogo della mostra retrospettiva alla Galleria il Diagramma 32, Napoli, 1977.

M. Picone Petrusa, “Pasquale Vitiello: una storia, un percorso”, Catalogo e locandina della mostra retrospettiva alla Biblioteca comunale E. Cesaro di Torre Annunziata ed alla Cappella Santa Barbara, Castel Nuovo, Napoli, 1983 (con bibliografia precedente, documenti e catalogo generale delle opere).


Ulteriori riferimenti biografici e critici in:

Dizionario degli Artisti Contemporanei, a cura di E. Padovano, Milano, 1951.

Dizionario Illustrato degli Incisori italiani moderni e contemporanei, a cura di L. Servolini, Milano, 1955.

A.M. Comanducci, “Dizionario di Pittori, Disegnatori e Incisori Italiani Moderni e Contemporanei” (a cura di Pelandi e Servolini),  3a edizione, Milano 1962.

Enciclopedia Universale della Pittura Moderna, SEDA, Milano 1968.

La Pittura in Italia. Il Novecento/1 (1900-1945), a cura di C. Pirovano,  Electa, Milano, 1992.

La Pittura in Italia. Il Novecento/2 (1945-1990), a cura di C. Pirovano,  Electa, Milano, 1993.

M. Bignardi, “Pasquale Vitiello – Diario di segni 1928-1962”, Electa Napoli 1999



M.Bignardi, “Pasquale Vitiello – Dipinti 1928_1962”, Gutenberg Edizioni, Fisciano 2012